Un disturbo del linguaggio può essere a carico di:
- Comprensione: quando il bambino non capisce tutto quello che gli viene detto. In questo caso accade spesso che il problema non venga riconosciuto e venga confuso con uno scarso interesse da parte del bambino nei confronti di quello che gli si chiede o gli si dice, attenzione troppo labile e disinteresse o addirittura pigrizia. In realtà il bambino non coglie, in parte o del tutto, quello che gli stiamo dicendo e di conseguenza ignora le nostre parole o dà una risposta diversa da quella che ci aspetteremmo.
- Produzione: se il bambino non utilizza correttamente il linguaggio quando deve articolare i suoni che formano le parole, scegliere le parole da utilizzare, strutturare le frasi o organizzare i racconti.
Questi due aspetti possono essere presenti contemporaneamente o singolarmente.
È importante distinguere tra un Ritardo di Linguaggio e un Disturbo del Linguaggio (Specifico o Secondario), perché nel primo caso si tratta di un insieme di difficoltà transitorie, che si risolvono nel tempo adottando gli accorgimenti necessari.
Tra i principali campanelli d’allarme vi sono:
- Assenza di lallazione;
- Scarso utilizzo dei gesti per comunicare;
- Difficoltà di comprensione del linguaggio;
- Lessico scarso, con un numero di parole inferiore a 15 intorno ai 18 mesi e inferiore a 50 intorno ai 24 mesi;
- Tendenza ad esprimersi in modo poco chiaro o con frasi non complete.
Un Disturbo Specifico di Linguaggio, invece, si manifesta in assenza di altre cause (deficit uditivo, anomalie dell’apparato orale, disabilità intellettiva, …) e la sua evoluzione nel tempo varia a seconda della gravità e alla persistenza del disturbo stesso.
I segnali che si possono riconoscere sono:
- Errori di articolazione dei suoni all’interno delle parole: i suoni possono essere omessi (es. “tella” invece di “stella”), sostituiti (“lana” invece di “rana”, “ciole” invece di “sole”), o distorti, per un tempo che si protrae oltre la fase in cui generalmente vengo superati. Dopo i 4 anni questi problemi di articolazione non dovrebbero più esserci;
- Bagaglio lessicale povero o semplificato;
- Frasi incomplete, mancanti di parti come articoli, preposizioni, congiunzioni, o addirittura strutturate in modo scorretto (“io faccio no” per “io non lo faccio”).
- Difficoltà nell’esprimere episodi anche brevi, per esempio vissuti a scuola.
Queste caratteristiche possono presentarsi insieme o singolarmente.
È importante saper cogliere i segnali di un possibile Ritardo o Disturbo del linguaggio e rivolgersi agli specialisti per escluderlo o eventualmente affrontarlo, evitando numerose spiacevoli conseguenze.
I disturbi del linguaggio espressivo e recettivo riguardano rispettivamente la capacità di utilizzare il linguaggio e di comprenderlo in modo adeguato e rappresentano una problematica molto frequente nei bambini di età compresa tra i 2 e i 6 anni. Un disturbo del linguaggio può manifestarsi come:
- Ritardo di linguaggio orale;
- Disturbo specifico di linguaggio (DSL);
- Disturbo del linguaggio secondario ad altre condizioni patologiche (deficit dell’attenzione e iperattività, ritardo cognitivo, sindromi)
- Balbuzie;
- Disfonia
Il ritardo di linguaggio non è un disturbo propriamente detto: caratterizza i bambini che iniziano a parlare tardi rispetto ai coetanei e che per questo spesso vengono etichettati come pigri e poco collaborativi. I parlatori tardivi sviluppano il linguaggio a 24/36 mesi, quando la maggior parte dei coetanei già lo utilizza per comunicare.
Il problema può manifestarsi in modo più o meno grave, solo in produzione o anche in comprensione, coinvolgendo una sola delle seguenti componenti linguistiche o più di una contemporaneamente:
- Fonetico-fonologica (articolazione dei suoni e loro organizzazione all’interno della parola);
- Lessicale (relativo alle parole);
- Morfo-sintattica (struttura delle frasi);
- Narrativa (racconti).
È il caso di preoccuparsi, per esempio, qualora un bambino di due anni produca solo pochi suoni o poche parole bisillabiche comprensibili, tenendo conto che a quell’età il numero di parole prodotte dovrebbe essere di almeno una cinquantina. Alcuni bambini invece parlano tanto, ma in un modo comprensibile solo alla madre e/o ai fratellini. Anche un divario significativo tra il linguaggio del proprio figlio e quello dei coetanei o dei fratelli può essere un valido indice di ritardo.
Far valutare il bambino ed intervenire tempestivamente è utile per evitare o ridurre i disagi causati dalle difficoltà di comunicazione che possono portare il bambino ad assumere comportamenti aggressivi o, al contrario, ad isolarsi, perché non riesce a comunicare in altro modo. Va tenuto conto anche del fatto che un ritardo di linguaggio può avere ripercussioni negative non solo sulle relazioni sociali e affettive, ma anche sull’apprendimento di lettura e scrittura, con tutto quello che ne consegue, anche a livello emotivo e comportamentale.
Inizialmente, quando il bambino è molto piccolo, si può intervenire sull’interazione comunicativa tra genitore e bambino, insegnando al primo a modellare il linguaggio del figlio tramite giochi e situazioni quotidiane. Appena possibile, si intraprende un trattamento specifico con la logopedista che allena e stimola il linguaggio del bambino con competenza e strategie mirate.
Generalmente la diagnosi di disturbo del linguaggio non si fa prima dei 3 anni, età entro la quale il linguaggio arriva ad essere perfettamente strutturato, praticamente completo, seppure con la presenza di qualche semplificazione a livello di articolazione sillabica. Ma i campanelli d’allarme sono riconoscibili già prima, intorno ai 2 anni, soprattutto se ci sono difficoltà nella comprensione linguistica. A partire dai 3 anni, attraverso una valutazione specialistica multidisciplinare, si può diagnosticare l’eventuale Disturbo Specifico di Linguaggio (DSL), così detto perché si esclude che la compromissione delle competenze linguistiche sia dovuta ad altre condizioni patologiche quali:
- Deficit uditivo;
- Anomalie organiche degli organi deputati allo scopo;
- Disabilità intellettiva;
- Problemi neurologici;
- Difficoltà di tipo relazionale;
- Contesto socio-ambientale inadeguato.
Anche in questo caso la gravità della compromissione e l’evoluzione nel tempo variano, a seconda che il disturbo sia lieve, medio o grave, e in base alla sua persistenza. Infatti un bambino con DSL, oltre a manifestare in ritardo le sue abilità linguistiche, mantiene a lungo nel tempo le difficoltà che caratterizzano il suo eloquio. Molto spesso questi soggetti non raggiungono mai una completa padronanza linguistica e più della metà dei bambini con DSL non risolto manifesterà un Disturbo Specifico dell’Apprendimento in età scolare.
Secondo la classificazione di Rapin e Allen (1987, 1996), si distinguono in:
- Disturbo di decodifica fonologica (agnosia verbale uditiva): è una difficoltà di tipo recettivo della componente fonologica del linguaggio, che determina un severo deficit espressivo;
- Disturbi di codificazione fonologica, che si distinguono a loro volta in Disprassia Verbale e Deficit di programmazione fonologica. La prima è una problematica legata alla programmazione dei movimenti necessari per produrre i suoni articolati. E’ legata al Sistema Nervoso Centrale e rende difficoltosa l’organizzazione dei movimenti degli organi fonatori. Il secondo è una difficoltà nell’organizzazione dei suoni all’interno delle parole e si manifesta attraverso omissioni, sostituzioni e distorsioni dei suoni coarticolati. Il bambino sa produrre correttamente i singoli suoni, ma fatica ad organizzarli tra loro all’interno della parola.
- Disturbo di codificazione e decodificazione morfologica e sintattica, o Deficit fonologico-sintattico: è il più frequente tra i bambini con DSL. Le difficoltà espressive e recettive coinvolgono si estendono dal sistema fonologico a quello morfosintattico;
- Disturbo lessicale: caratterizzato principalmente da difficoltà di accesso al lessico (ovvero difficoltà nel recupero della parola esatta), nell’apprendimento di nuove parole e nel loro utilizzo;
- Deficit semantico-pragmatico: il linguaggio risulta nella norma in tutti i suoi aspetti formali, ma è compromesso l’uso “sociale” del linguaggio. La comprensione e la produzione non sono adeguate rispetto al contesto.
E’ stato ampiamente dimostrato che la terapia specifica del linguaggio è utile nei bambini con ritardo di linguaggio o con DSL, che ottengono miglioramenti linguistici di gran lunga superiori a quelli che possono raggiungere con la sola maturazione.
Ecco perché è importante che i genitori, gli insegnanti e tutte le figure che accompagnano i bambini nella crescita vengano informati sulle tappe di sviluppo di linguaggio e sulle possibili difficoltà linguistiche e comunicative, in modo da poter riconoscere gli eventuali campanelli d’allarme: quanto capisce il bambino di quanto sente dall’adulto, quanto è comprensibile la sua produzione, quanto è ampio il suo vocabolario, come costruisce le frasi e come si organizza per raccontare.
Se questi parametri non si evolvono entro i termini previsti, è necessario procedere con una visita Neuropsichiatrica Infantile, una valutazione logopedica ed eventualmente l’esame audiometrico, per poter iniziare la terapia tempestivamente.
Un’altra situazione frequente è quella dei Disturbi Secondari di Linguaggio, ovvero quella in cui il disturbo del linguaggio si inserisce all’interno di un quadro patologico più ampio, ad esempio:
- Sindromi;
- Disabilità intellettiva;
- Disturbi dello spettro autistico;
- Paralisi cerebrali infantili;
- Sordità;
- Malformazione degli organi fonatori;
- Disturbo da deficit attentivo e iperattività (ADHD);
- Deficit neuromotorio e sensoriale
Il lavoro d’équipe e la collaborazione tra la logopedista, il neuropsichiatra infantile, lo psicologo, il terapista della neuro-psicomotricità dell’età evolutiva e tutte le figure professionali che si occupano di accompagnare il bambino nel suo sviluppo di sostenere la sua famiglia sono fondamentali nella prevenzione, valutazione e riabilitazione delle patologie del linguaggio e della comunicazione.